
Il 2023 si presenta come un anno cruciale per il mercato del lavoro in Italia, che deve affrontare le conseguenze della pandemia e le sfide della digitalizzazione e della transizione ecologica. In questo scenario, le aziende devono adattarsi alle nuove esigenze dei lavoratori, che richiedono maggior flessibilità, benessere e valori condivisi, e devono colmare il divario tra domanda e offerta di competenze, che rischia di frenare la ripresa economica.
La domanda di lavoro riparte, ma mancano i talenti
Secondo i dati dell’Istat, nel primo trimestre del 2023 il numero di occupati è aumentato di 104mila unità (+0,4%) rispetto al trimestre precedente, raggiungendo i 23,5 milioni. Si tratta del quarto trimestre consecutivo di crescita dell’occupazione, dopo il crollo registrato nel 2021 a causa della crisi sanitaria. Il tasso di occupazione sale al 59,2%, il più alto dal terzo trimestre del 2019.
Tuttavia, la domanda di lavoro incontra sempre più difficoltà a trovare i profili adeguati. Come mostrano i dati di Unioncamere Anpal, a gennaio le imprese erano alla ricerca di oltre mezzo milione di lavoratori (504mila), ma il 45,6% di esse segnalava una scarsa disponibilità di candidati qualificati. Si tratta di un fenomeno strutturale, che si è accentuato con l’accelerazione della digitalizzazione e la nascita di nuove figure professionali, soprattutto nei settori dell’informatica, dell’ingegneria e della sanità.
Per far fronte alla carenza di talenti, le aziende devono investire nella formazione continua dei propri dipendenti e nella ricerca di nuove modalità di reclutamento e selezione, sfruttando le opportunità offerte dalle tecnologie digitali. Inoltre, devono ampliare il bacino di potenziali candidati, valorizzando la diversità e l’inclusione e favorendo l’ingresso o il rientro nel mercato del lavoro di categorie svantaggiate, come i giovani, le donne, i disabili e gli immigrati.
Le nuove esigenze dei lavoratori: flessibilità, benessere e valori
La pandemia ha cambiato profondamente le aspettative e le preferenze dei lavoratori, che ora pongono maggiore attenzione al benessere personale e alla qualità della vita. Secondo l’indagine People at Work 2022: A Global Workforce View di ADP, multinazionale leader nella gestione del capitale umano, il 62% dei lavoratori italiani considera lo stipendio come l’aspetto primario di un lavoro, ma non è l’unico fattore rilevante. Altri elementi importanti sono la flessibilità oraria (47%), la possibilità di lavorare da remoto (44%), la cultura aziendale (40%) e i benefit (38%).
I lavoratori si interessano anche all’etica e ai valori di un’azienda, che devono essere coerenti con i propri. Il 36% degli intervistati da ADP dichiara infatti di voler lavorare per un’azienda che abbia un impatto positivo sulla società e sull’ambiente. Inoltre, il 32% afferma di essere disposto a lasciare il proprio lavoro se non si sente apprezzato o riconosciuto dal proprio datore di lavoro.
Per attirare e trattenere i talenti, le aziende devono quindi adottare una strategia che tenga conto delle nuove esigenze dei lavoratori e che li coinvolga attivamente nella definizione delle modalità e degli obiettivi del lavoro. In particolare, devono offrire soluzioni flessibili e personalizzate per conciliare le esigenze lavorative e personali dei dipendenti, garantire un clima organizzativo positivo e trasparente, promuovere il benessere fisico e psicologico dei lavoratori e dimostrare un impegno concreto verso la sostenibilità e la responsabilità sociale.
Il confronto con i paesi europei: luci e ombre
Il mercato del lavoro italiano presenta luci e ombre rispetto ai principali paesi europei. Da un lato, l’Italia ha registrato una delle maggiori crescite dell’occupazione nell’ultimo anno, grazie anche alle misure di sostegno introdotte dal governo per contrastare gli effetti della pandemia. Il tasso di occupazione italiano si avvicina a quello della media europea (59,2% contro 60,9%), mentre il tasso di disoccupazione è inferiore (8,9% contro 9,2%).
Dall’altro lato, l’Italia presenta ancora delle criticità strutturali che limitano il suo potenziale di sviluppo. Tra queste, la bassa partecipazione al mercato del lavoro di alcune fasce della popolazione, come i giovani (il tasso di occupazione tra i 15 e i 24 anni è del 18,1%, contro il 29,5% della media europea) e le donne (il tasso di occupazione femminile è del 51,8%, contro il 59,4% della media europea). Inoltre, l’Italia soffre di una forte disparità territoriale tra il Nord e il Sud del Paese, sia in termini di occupazione che di qualità del lavoro.
Per colmare il gap con i paesi europei più avanzati, l’Italia deve quindi puntare su una maggiore inclusione sociale e territoriale del mercato del lavoro, sfruttando le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che prevede investimenti per la digitalizzazione, la transizione ecologica, l’istruzione e la formazione, la parità di genere e la coesione sociale.
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